Ambizioni frustrate

Lasciarsi la crisi alle spalle

Il giudizio della Commissione europea sulla situazione economica e fiscale dell’Italia non è quello che si può dire propriamente incoraggiante, al contrario. Bruxelles ha rivisto al ribasso le stime della nostra crescita. Nel 2016 sarà dell’1,4 e nel 2017 dell’1,3 per cento. Dati, dopo anni di depressione, sotto la media europea che invece è in espansione dell’1,7 per cento nell’Eurozona per l’anno in corso e dell’1,9 per il 2017. Si dirà, che in fondo la riduzione è solo di un decimo di punto rispetto alle previsioni e di solo tre rispetto a quelle della media europea. Anche se non volessimo preoccuparci del fatto che nel 2017 questa aumenta ancora di uno 0,2 mentre la nostra torna a contrarsi, il problema è un altro, ovvero che per parlare di crescita vera servirebbe un balzo in avanti di un paio di punti almeno e non di qualche decimale. Per cui anche se l’Italia crescesse della media europea, continuerebbe ad annaspare, penalizzata dalle perdite del decennio. Questa è ancora la parte migliore del documento di Bruxelles, impietoso sul fronte dei conti pubblici. Dire che quelli proprio non tornano è un eufemismo. Nel 2017 il deficit per scendere all’1,5 per cento e centrare il pareggio promesso nel 2018, dovrebbe pretendere un doppio aumento dell’ Iva che il governo voleva scongiurare. Metti anche che l’Italia ottenga uno sconto dello 0,4 per le riforme effettuate. Togli un altro punto con la clausola investimenti. Ammetti due decimi di punto per le spese extra dei migranti, arriviamo forse ad un miliardo. Ne mancherebbero sempre due. Katainen è già insorto dicendo che le regole dell’Europa sono fin troppo flessibili. Considerati i rapporti instaurati dal premier italiano con la Commissione europea, sarà difficile che Junker richiami il suo cane da guardia. Abbiamo fatto il job act, bravi, è la cosa migliore. L’occupazione è in leggera ripresa ma davvero troppo lentamente. Insomma, un po’ troppo poco per un governo che aveva l’ambizione di lasciarsi la crisi alle spalle e intraprendere una prodigiosa riforma fiscale. Inevitabile che nei palazzi si parli sempre con più frequenza di elezioni anticipate. Un altro anno così e Renzi si presenta al voto con le scarpe e le tasche bucate.

Roma, 5 febbraio 2016